Tappa 2

Tor Marancia

La chiamavano Shanghai. Fino alla fine dell’Ottocento era un’area rurale, con una tenuta agricola, qualche casale di campagna, cave di tufo. Con gli sventramenti fascisti del centro storico, nel 1933, tempo 50 giorni e divenne un agglomerato di baracche destinate agli sfrattati e alle famiglie di emigranti dal centro e dal sud Italia. Le abitazioni, costruite male e a ridosso del fosso di Tor Carbone, subivano continui allagamenti, esattamente come accadeva (e accade) nella metropoli cinese. Nel 1948 la popolosa Shanghai laziale era così malsana che fu rasa al suolo. Si riempì di caseggiati popolari, iniziò a registrare un alto tasso di disoccupazione e sviluppò una certa inclinazione alla delinquenza. Ed è ancora così, in parte. Perché nel 2015 Stefano Antonelli, fondatore e direttore artistico di 999Contemporary, un’istituzione culturale no-profit - con il coinvolgimento della comunità locale, delle scuole e delle associazioni di quartiere - ha dato vita al progetto Big City Life per la rigenerazione urbana del Lotto 1 di Tor Marancia, che oggi è Museo Condominiale. 756 litri di vernice, 974 bombolette per 22 opere monumentali che hanno restituito bellezza alla borgata e fierezza ai suoi abitanti. Per vederle tutte bisogna entrare nel complesso di via di Tor Marancia 63 e inoltrarsi tra i vialetti. Prima dell’ingresso, a dare il benvenuto c’è una chiara allusione al vecchio nomignolo del quartiere: Welcome to Shanghai 35 di Caratoes, artista di Hong Kong cresciuta in Nord Europa; una ragazza dai tratti orientali tiene sul palmo di una mano una lupa in origami, chiaro riferimento al legame tra le culture cinese e italiana. Con Il Peso della Storia l’italo-argentino Jaz ha voluto ricordare gli intrecci sociali e culturali e i flussi migratori tra i suoi due Paesi dipingendo la lotta tra un argentino e un italiano. Vento di Moneyless, dona leggerezza e movimento all’edificio attraverso l’intreccio di segmenti di circonferenze blu, gialli e neri su sfondo bianco. Seth, con Il bambino redentore racconta invece la storia di Luca, il bimbo del palazzo morto per recuperare un pallone finito in mezzo alla strada. Una palla a cui voleva ancora tirar calci. Luca oggi vive su questa parete, in bilico sui pioli colorati di una scala, e sembra guardare il suo futuro negato. Diamond, uno dei maggiori esponenti della street art capitolina, ha regalato a Tor Marancia Hic sunt adamantes: ricalcando l’art nouveau, tratto distintivo dei suoi murales, ha dipinto una bella addormentata (Roma) con un diamante (Tor Marancia) in mano; segnale per far luce sulla grande risorsa che può rappresentare il quartiere.

 

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