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Toscana

Livorno. La Venezia di Toscana

Itinerario

Livorno. La Venezia di Toscana

in collaborazione con Touring Club Italiano

Per la città che spariglia tutte le categorie della toscanità si va senza meta. Si passeggia tra gli storici canali del quartiere Venezia Nuova, dove tra ponti, palazzi, scali e scale sembra di essere in Laguna, oppure al porto mediceo, ai piedi dell’imponente Fortezza Vecchia, o ancora tra i banchi del Mercato Centrale, vetrina gastronomica in cui profumi e sapori si mescolano al tagliente vernacolo livornese. Il vento salmastro riempie strade e piazze, ma è sul lungomare che soffia più convinto. E qui, di nuovo, si passeggia. Lo si fa lungo l’elegante viale Italia, verde scia di oleandri e tamerici che dalla magia della Terrazza Mascagni accompagna fino ad Ardenza, con la Rotonda che è un belvedere sulla costa. Quando ci si ferma, è per esplorare la storia e l’arte locali: negli antichi Bottini dell’Olio, nel Museo di Storia naturale di Villa Henderson, nel monumentale serbatoio del Cisternone e nel museo dedicato a Giovanni Fattori e alle sue “macchie”.  

 

Eccentrica, un po’ decadente, la più nuova della città toscane (fu fondata dai Medici “solo” nel 1577) sfugge agli stereotipi. Più che per i monumenti, Livorno colpisce per la luce e gli spazi della sua urbanistica, che si dipana tra la città pentagonale cinta da canali progettata nel XVI secolo dal genio fiorentino di Bernardo Buontalenti e l’infinita passeggiata lungomare di viale Italia, disseminata di eleganti architetture ottocentesche e interrotta dagli “chicchissimi” bagni Pancaldi-Acquaviva, del 1846. La sosta panoramica, meglio se al tramonto, appoggiati alla balaustra dell’immensa scacchiera bianca e nera della Terrazza Mascagni che al mare guarda, farà sentire meno turisti e un po’ livornesi.

Sono ancora di epoca medicea i canali (che qui, si raccomanda, bisogna chiamare fossi) che dal mare penetrano nel quartiere di Venezia Nuova, sorto, neanche a dirlo, con tecniche, consulenze e maestranze importate dalla Serenissima. A spasso lungo fossi e ponti, radenti gli storici palazzi mercantili dove si fecero le fortune della città, si ammirano eleganti facciate, cortili nascosti, loggiati e le “cantine”, gli antichi magazzini a pelo d’acqua di cui il settecentesco edificio dei Bottini dell’Olio è mirabile e intatto esempio. Spicca, nella simbiosi di terra e acqua della “Venezia livornese”, la Fortezza Vecchia, che con la sua asimmetrica mole rossastra a ridosso dell’antico porto mediceo racchiude in sé secoli di storia cittadina. Le fa eco cromatico, nel cuore del quartiere, la Fortezza Nuova, polmone verde pensile e panoramico circondato da mura di mattoni rossi, dove la mano del Buontalenti e l’atavica smania di fortificazioni dei Medici ne sono il registro architettonico e storico. A proposito di architetture, lasciano interdetti le misure del Cisternone, imponente edificio neoclassico ispirato alle antiche strutture termali romane che racchiude un serbatoio d’acqua tutt’oggi funzionante retto da giganteschi pilastri semisommersi.

La cordialità, l’ironia e la parlata livornesi si “assaggiano” tra i duecento e più banchi del Mercato Centrale o delle Vettovaglie, bellissima struttura coperta di fine Ottocento che profuma di caciucco ma ricorda un po’ Parigi. Il “tocco artistico” spetta a Giovanni Fattori, che di Livorno è figlio e pittore prediletto. A lui e ad alcuni dei suoi grandi paesaggi toscani sono dedicate tre sale del museo ospitato nell’eclettica Villa Mimbelli, che di certo non trascura le pennellate di colore degli altri maestri Macchiaioli e dei grandi esponenti della vicenda artistica livornese tardoromantica. Non lontano, l’edificio a forma di cetaceo del Museo di Storia naturale del Mediterraneo fa presagire il suo impressionante tesoro: uno scheletro di balenottera visibile in tutta la sua lunghezza grazie a una rampa a diverse altezze.

 

 

 

 

 

 

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