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Lazio

Nemi. Lo specchio della dea

Itinerario

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Nemi. Lo specchio della dea

in collaborazione con Touring Club Italiano

Dalle case di Nemi, l’antica porta del palazzo permette di affacciarsi verso il cratere dove brilla lo specchio d’acqua di un piccolo lago. La discesa a piedi verso la riva ha il sapore di una discesa nel mistero. Per i Romani questo era uno dei luoghi più sacri, come testimoniano le rovine del tempio della dea Diana Nemorense: qui il più oscuro dei sacerdoti dell’Urbe, il Rex Nemorensis, veniva assassinato dal suo successore. Ancora pochi passi in discesa e si giunge sulle sponde del lago, dove all’interno del museo si ammira ciò che resta delle due colossali navi celebrative che l’imperatore Caligola volle costruire nel lago come simbolo di sfarzo e potenza.

Dal borgo di Nemi, arroccato sull’orlo orientale del cratere di un antico vulcano, si percorrono le viuzze del centro e, superato l’arco a poca distanza dal Castello Ruspoli, ci si affaccia sul bel lago, cui fa da sfondo il profilo urbano di Genzano di Roma, appollaiato sul lato opposto del cratere. Il lago fu nell’antichità lo “specchio della dea Diana”, che albergava in questi boschi, di cui fu protettrice. A lei è dedicato il grande tempio che sorge in riva al lago; lo si scopre scendendo la stradina che da Nemi serpeggia dolcemente tra i boschi, fino ai campi coltivati e agli uliveti. Qui, a poca distanza dalla riva, in un’atmosfera bucolica e silenziosa, sorgono le rovine del grande Santuario. Edificato in epoca preromana, rimase attivo a lungo, fino a quando, dopo l’avvento del Cristianesimo, sprofondò nell’oblio e fu lentamente sepolto dai sedimenti. Oggi lo si vede affiorare dalla terra, grazie agli scavi archeologici che ne stanno pian piano restituendo la struttura. È il luogo ideale per fermarsi a meditare, ascoltando la voce di questo sito pregno di spiritualità, ma che fu anche meta di grandi feste. Qui infatti l’imperatore romano Caligola fece costruire due grandi navi che utilizzò per i suoi sontuosi ricevimenti e banchetti. Individuati già nel Quattrocento sul fondo del lago, i due scafi furono recuperati solo all’inizio del Novecento ed esposti nel Museo delle Navi Romane, appositamente realizzato in loco. Ebbero tuttavia un triste destino: i tedeschi, in ritirata alla fine dell’ultima guerra, distrussero completamente le navi e il museo. La struttura ha però riaperto i battenti negli anni ’80, completamente rinnovata e arricchita: la sua visita riporta magicamente al tempo in cui su questo spettacolare specchio d’acqua, situato in suggestiva posizione in fondo a un antico vulcano, si svolgevano le grandi feste dell’aristocrazia romana. I modelli in scala delle navi, esposti nella sala principale del museo, raccontano del tempo in cui queste grandi imbarcazioni rituali fluttuavano sulle acque del lago, circondato come oggi da boschi, in una cornice bucolica di grande bellezza.

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