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Lazio

I Farnese tra i borghi della Tuscia

Itinerario

I Farnese tra i borghi della Tuscia

in collaborazione con Touring Club Italiano

Noccioleti, uliveti e vigneti a perdifiato: i colori e i profumi della campagna scandiscono il percorso che accompagna a Caprarola, dove i Farnese hanno lasciato il loro capolavoro più ammirato, il colossale e raffinato monumento alle glorie del loro dominio che si estendeva in tutta la Tuscia. Palazzo Farnese è un compendio di sfarzo e Manierismo, un salto all’indietro nel tempo per immaginare a occhi aperti i fasti di una delle più influenti famiglie del Rinascimento italiano. Prima e dopo Caprarola, gli echi farnesiani si ritrovano nell’architettura di Corchiano, nel Castello Farnese di Fabrica di Roma, nel palazzo baronale di Carbognano dove si ritirava Giulia Farnese e nella memoria storica di Ronciglione. E, se la quinta scenografica è pennellata con i colori della campagna viterbese e dai panorami della Via Cimina, i sapori del territorio si gustano a Nepi.

Noccioleti, uliveti e vigneti a perdifiato: i colori della campagna scandiscono il percorso che attraversa le contrade dei Falisci (misterioso popolo affine ai Latini) e accompagnano a Caprarola, dove i Farnese hanno lasciato il loro capolavoro più ammirato. Ma conviene procedere con calma e godersi chilometro dopo chilometro questo itinerario di arte e natura. Corchiano, borgo pittoresco sorretto da pareti di tufo, è l’ideale per sgranchirsi le gambe passeggiando tra i vicoli del nucleo medievale, alla scoperta delle prime tracce farnesiane e per osservare i resti della Rocca Farnese, in buona parte andata distrutta. Tra castagneti e coltivazioni, si attraversano poi gli abitati di Fabrica di Roma e Carbognano, fino ad arrivare sulla Via Diritta di Caprarola, il “tappeto rosso” che, sfilando tra antichi palazzi e la Chiesa di Santa Maria della Consolazione, accompagna a Palazzo Farnese: possente, a forma di pentagono. L’ingresso principale si raggiunge con una doppia rampa a elica che si ripete. Si sale la Scala Regia del Vignola e, dopo una sequenza di affreschi, si giunge al piano nobile. È una festa del Cinquecento italiano: si attraversano la Sala d’Ercole e la cappella, prima di arrivare alla Sala dei Fasti farnesiani (vera apoteosi della dinastia), e alla Sala del Concilio di Trento. Gli appartamenti privati dai nomi evocativi (dell’Aurora, dei Lanifici, della Solitudine, del Torrione, della Penitenza, Giudizi, Sogni e Angeli) sono il prologo alla celebre Sala del Mappamondo. Dopo tanti interni vale la pena di soffermarsi nei meravigliosi giardini all’italiana, per poi riprendere l’itinerario seguendo la panoramica Via Cimina, che costeggia il Lago di Vico, in direzione di Ronciglione. Il borgo è pittoresco, con begli scorci sulle abitazioni costruite su banchi tufacei; tutto il tessuto urbanistico è realizzato in peperino, la roccia vulcanica caratteristica dei Cimini. Ronciglione fu contesa a più riprese dallo Stato Pontificio, da cui i Farnese la ricevettero nel XV secolo – e a cui furono costretti a cederla nel XVII – valorizzandola in importante centro industriale (opifici, cartiere, mulini e industria tipografica) che decorarono con palazzi e una fontana, attribuita al Vignola, ornata dai gigli simbolo della loro casata. Ancora una manciata di chilometri sulla Via Cimina e si giunge a Nepi, che accoglie con mura possenti, volute ancora una volta dai Farnese. I punti di interesse culturale non mancano (il Palazzo Comunale con la sua fontana, che alcuni attribuiscono al Bernini, l’acquedotto romano), ma è forte anche il richiamo gastronomico.

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