Celleno
PRO LOCO CELLENO
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ilborgofantasmadicelleno.it
L’impatto con Celleno non si dimentica facilmente. Non il paese nuovo, moderno e funzionale, ma il suo nucleo antico, il “borgo fantasma", che da lontano appare come un miraggio sospeso nel tempo. Un'eco lontana, etrusca, vibra tra le sue pietre, ma è una storia più recente, fatta di partenze e silenzi, a scolpirne l'anima attuale. Basta immaginarsi l’instabilità geologica, i danni bellici delle due guerre mondiali e il tempo in cui si decise che il cuore antico del borgo dovesse smettere di battere lì per ricominciare a pochi chilometri di distanza. Una scelta drastica, quasi uno strappo, suggellata la vigilia di Natale del 1951. Quel giorno, un decreto presidenziale firmato da Luigi Einaudi svuotò ufficialmente le case secolari, consegnando Celleno Vecchio al tempo e all'edera. L'esodo forzato costò caro: gran parte del tessuto urbano cadde sotto i colpi della demolizione, un sacrificio necessario per una nuova vita altrove. Solo il nucleo più nobile, le architetture di pregio strette attorno all'odierna piazza Enrico Castellani, fu risparmiato alla distruzione. Poi, decenni di oblio. Fino al 1973, quando una figura quasi leggendaria ruppe l'incantesimo: Enrico Castellani (sì, quell’Enrico a cui è stata dedicata la piazza). Maestro indiscusso dell'arte contemporanea, scelse l'imponente Rocca Monaldeschi-Gatti non solo come dimora, ma come fucina creativa, trasformandola in un atelier d'artista tra i più vitali d'Italia. Per quasi mezzo secolo, fu il custode solitario di Celleno Vecchio, un faro acceso nella quiete, restituendo dignità a quelle pietre e accendendo i riflettori sul loro fascino sopito. Sul finire degli anni ‘90, si aprì un nuovo capitolo: interventi di recupero, voluti con tenacia dal comune e dalla Regione Lazio, iniziarono a cucire le ferite. Fu l'alba di una rinascita che ha trasformato Celleno Vecchio in quello che è oggi: un "borgo fantasma" che pulsa di una nuova energia. Meta prediletta per un turismo consapevole e di prossimità, attira chi cerca fughe dalla quotidianità, gite fuori porta cariche di suggestione o immersioni nella storia profonda della Tuscia. È la dimostrazione di come anche dai silenzi e dall'abbandono possono nascere bellezza, cultura e sviluppo sostenibile.
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