Tappa 1

Castel Sant’Elia

PRO LOCO
Largo M. Filipponi 2, Castel Sant’Elia
www.facebook.com/Prolococastelsantelia

BASILICA DI SANT’ELIA
Via S. Elia, Castel Sant’Elia
basilicasantelia.it
Condizioni di visita: ingresso a pagamento

SANTUARIO PONTIFICIO SANTISSIMA MARIA AD RUPES
Piazza Cardinal Gasparri 2, Castel Sant’Elia
mariaadrupes.com
Condizioni di visita: ingresso gratuito

Castel Sant’Elia si affaccia sulla spettacolare forra della Valle Suppentonia e ha una storia che è un racconto stratificato: prima furono i falisci, popolo italico fiero e indipendente, a dominare queste valli, seguiti poi dagli etruschi. Il Medioevo portò fortificazioni, mura e torri d'avvistamento i cui resti ancora oggi caratterizzano il profilo del paese. Poi venne il Rinascimento, con l'influenza di potenti casate romane come i Farnese (i loro stemmi sono ancora in bella mostra sulla porta d'accesso al centro storico) che edificarono un nuovo Castrum, contribuendo a dare il nome attuale al borgo. Scendendo a valle, ci si imbatte nel gioiello più prezioso del paese: la Basilica di Sant'Elia, le cui radici affondano fin nel V secolo, quando qui viveva una comunità di monaci anacoreti. Su quelle fondamenta la chiesa crebbe nei secoli, vedendo momenti chiave tra il VII e il XII secolo. Ma la gente del posto racconta anche un'altra storia, quella del santo abate Elia che l'avrebbe fondata sfidando le ombre di un antico tempio pagano. E poi c'è la leggenda che aleggia più forte, quella che persino Papa Gregorio Magno riportò nei suoi celebri "Dialoghi" (citando la basilica e il suo abate Anastasio): si narra che proprio tra queste mura il pontefice incontrò Teodolinda, la regina dei Longobardi. Un incontro epocale che, si dice, bastò a convincerla a risparmiare Roma da un nuovo, terribile saccheggio. In quanto a design, è un vero capolavoro dell’architettura romanica. Un’eleganza essenziale, priva di sfarzo e decorazioni opulente che riflette una spiritualità autentica, quasi primordiale, con portali scolpiti da motivi marmorei che parlano un linguaggio antico, fatto di simboli. All'interno l'atmosfera si fa raccolta. Tre navate si aprono, scandite da robuste colonne, poi ci sono loro, gli affreschi: un ciclo pittorico incredibile della fine dell'XI secolo, dove storie bibliche e vite di santi prendono vita con colori che hanno sfidato i secoli. Si percepisce tutta la potenza dell'arte che guardava a Roma e a Bisanzio (sì, l'effetto ricorda un po' i mosaici di Ravenna). Camminando all'interno, lo sguardo non può non cadere sulla sacralità dell'altare e, al suolo, sulla meraviglia del pavimento cosmatesco, un intrico di disegni geometrici. Altro testimone della sua storia millenaria, una lastra marmorea di epoca romana riemersa dopo un lungo trafugamento. Come se non bastasse, alla bellezza del luogo si aggiunge un segreto: il "Tempio d'Inverno", come l’ha chiamato l'archeo-astronomo Stefano Cavalieri. Durante il solstizio d’inverno un fascio di luce solare penetra da una monofora dell'abside e illumina con precisione chirurgica punti specifici dell'edificio, soffermandosi in particolare sulle decorazioni marmoree del portale d'ingresso. Ma l’incanto del borgo non è finito. Incamminandosi lungo la “Via della Fede”, un sentiero lastricato che parte a lato della Basilica, si raggiunge il Santuario Pontificio Santissima Maria ad Rupes. A picco sulla forra e ricavato in una grotta tufacea, le sue origini si perdono nella notte dei tempi, forse eco di quei primi anacoreti che cercarono rifugio tra queste rupi. Fu con l'arrivo dei Benedettini, nel VI secolo, che il culto della Madonna qui si radicò profondamente e si perpetuò nei secoli. Nuova linfa arrivò grazie a Fra’ Rodio, che nel XVIII secolo scavò nel tufo una vertiginosa scala di 144 gradini per facilitare l’accesso al cuore del santuario.

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