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Toscana

I due pani della Lunigiana

Itinerario

I due pani della Lunigiana

in collaborazione con Slow Food

Poche decine di chilometri separano due antiche preparazioni tradizionali della Lunigiana. Si parte da Casola in Lunigiana, dove si sforna la marocca, un pane fatto con la farina di castagne e cotto in forno a legna. Il prodotto finito è di colore marrone scuro. Buona con un semplice filo di olio extravergine, la marocca si abbina bene con un caprino morbido o i salumi toscani. Risalendo verso Pontremoli, ecco il testarolo, un pane azzimo che, a differenza del suo omologo industriale, è più leggero e digeribile. È cotto al testo, ovvero una sorta di campana di ghisa rovente.

Poche decine di chilometri separano due antiche preparazioni tradizionali della Lunigiana che negli ultimi anni stanno vivendo una piacevole riscoperta. Si parte da Casola in Lunigiana, dove il giovane Fabio Bertolucci, nel suo Forno in Canoàra, ha ripreso nel 2008 la produzione di un pane che era pressoché scomparso: la marocca. Si tratta di un pane fatto con la farina di castagne, frutti di cui la zona, ricca di boschi, abbonda. Il nome pare derivi dal termine dialettale marocat, cioè poco malleabile: questo pane, infatti, in passato aveva una consistenza molto dura. Per ottenere la farina, le castagne sono essiccate in piccoli casotti in pietra a due piani, riscaldati da un lento fuoco di legna di castagno. Sono quindi macinate molto lentamente per evitare di perdere il profumo e la fragranza. Le pagnottelle di marocca cuociono in forno a legna. Il prodotto finito è di colore marrone scuro. Buona con un semplice filo di olio extravergine, la marocca si abbina bene con un caprino morbido e il miele o con il lardo di Colonnata e gli altri salumi della tradizione toscana. Grazie alla piccola percentuale di patate contenuta nell’impasto, si conserva bene anche per molti giorni. Risalendo verso Pontremoli, il nome dell’azienda, Testarolando, non lascia spazia a dubbi: qui si prepara secondo la ricetta originale e artigianale il testarolo, un pane azzimo che, a differenza del suo omologo industriale, è più leggero e digeribile. Merito dell’utilizzo di un grano locale autoprodotto, il 23, e, soprattutto, della cottura al testo, una sorta di campana di ghisa rovente. Una volta pronto, il testarolo è tagliato a rombi, fatto rinvenire in acqua bollente per pochi minuti e condito con il pesto ligure oppure con parmigiano o pecorino amalgamato con basilico tritato finissimo e olio extravergine.

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