I piccoli grandi vini valdostani
Itinerario
I piccoli grandi vini valdostani
Qualcuno più famoso, qualcuno misconosciuto ai più, sono davvero tanti i vitigni autoctoni della Valle d’Aosta. Il percorso comincia facendo la conoscenza con il Petit Arvine, un’uva a bacca bianca chiamata “vite dei ghiacciai” per la capacità di crescere a dispetto dei climi più freddi. Ci si sposta poco fuori Aosta per assaggiare due rossi molto diffusi nella regione: il Torrette e il Fumin. Ci si sposta dunque a Verrayes per un altro grande classico tra i bianchi valdostani: lo Chambave Muscat, presente nelle versioni secca e passita. Il percorso si chiude a Nus per la Malvoisie, ottenuta con uve di Pinot Grigio, e il Cornalin, storico vitigno che vive una giusta riscoperta da qualche decennio.
Qualcuno più famoso, qualcuno misconosciuto ai più, sono davvero tanti i vitigni autoctoni della Valle d’Aosta. Il percorso comincia facendo la conoscenza con il Petit Arvine, un’uva a bacca bianca chiamata “vite dei ghiacciai” per la capacità di crescere a dispetto dei climi più freddi. Da questa viticoltura “eroica”, ad Aymavilles, Les Crêtes, una delle realtà vitivinicole private più importanti della regione, ricava un bianco fermo dai sentori floreali e fruttati, fresco e sapido in bocca, e uno spumante Metodo Classico croccante, fragrante, slanciato. Ci si sposta poco fuori Aosta per assaggiare due importanti rossi prodotti da Elio Ottin. Il Torrette è il vino più diffuso della Valle d’Aosta e si ottiene principalmente da uve Petit Rouge, che si coltivano qui fin dai tempi degli antichi Romani. Quello di Ottin è elegante: al naso il frutto croccante e un ricordo speziato sono netti e delicati; l’assaggio è teso e sapido, senza cedere alla potenza. Di più recente scoperta (si parla dei primi dell’Ottocento) è invece il Fumin, vitigno forse tra i più noti della regione: se ne ottiene un vino robusto, terroso, espressivo. Ci si sposta dunque a Verrayes per un altro grande classico tra i bianchi valdostani: lo Chambave Muscat, ricavato da uva Moscato bianco e presente nelle versioni secca e flétri (passita). La Vrille, azienda da sempre attenta al rispetto della natura e che limita molto gli interventi in vigna come in cantina, li propone entrambi. Il primo è lungo, sapido, con note di erbe aromatiche; più complesso il Flétri, avvolgente e suadente al naso con frutta candita e fiori appassiti, e un sorso equilibrato e profondo con ricordi di miele e un contrasto dolce-salato di grande fascino. Il percorso si chiude a Nus, in una delle zone più significative per la Malvoisie, ottenuta con uve di Pinot Grigio: quella dell’azienda Les Granges è affascinante e caleidoscopica, ricca e sapida, lunga e fresca. Altro vitigno della zona, presente qui dalla fine del XVIII secolo, e che vive una giusta riscoperta da qualche decennio dopo un periodo di oblio, è il Cornalin: se ne ottiene un rosso che al naso ricorda il sottobosco e i fiori appassiti, mentre in bocca è luminoso e leggiadro, vibrante e scorrevole, con una finezza che sorprende.