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Lazio

Bomarzo. Misteri e Incantesimi

Itinerario

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Bomarzo. Misteri e Incantesimi

in collaborazione con Touring Club Italiano

Una foresta popolata di mostri. Si presenta così il giardino incantato del Bosco Sacro di Bomarzo, dove la fantasia degli scultori di cinque secoli fa ha creato immagini enormi e curiose. Tartarughe e draghi, guerrieri e donne gigantesche, addirittura una casa pendente, sparsi nei boschi ai piedi del Castello di Bomarzo. Li volle il condottiero cinquecentesco Vicino Orsini, per distogliere l’animo dal dolore per la morte dell’amata Giulia Farnese, ispirandosi per raggiungere il suo scopo forse all’arte classica, forse a suggestioni esotiche provenienti dall’Oriente e dall’India. Un parco dove la realtà e la fantasia si mescolano, in cui ognuno potrà scegliere il percorso da seguire e dove i visitatori più piccoli saranno felici di camminare e correre tra mostri e portenti.

La grande bocca spalancata di una testa colossale sembra invitare a dare un’occhiata dall’interno, mentre è difficile conservare l’equilibrio quando si cammina sui pavimenti sghembi della casa pendente. Ci troviamo in un bosco di noccioli e di castagni, dove i raggi di sole tra le foglie illuminano i mostri scuri del Parco di Bomarzo. «Voi che entrate qui, considerate ciò che vedete e poi ditemi se tante meraviglie sono fatte per l’inganno o per l’arte», recita la scritta apposta all’ingresso dal suo creatore. La risposta spetta ai viaggiatori che si lasciano alle spalle l’autostrada A1 all’uscita di Attigliano. Nella valle ai piedi della Rocca di Bomarzo si cammina per sentieri sotto le fronde, al margine dei campi, per scoprire a ogni passo nuove meraviglie. Come volle il letterato e condottiero Vicino Orsini, che incaricò l’architetto Pirro Ligorio di realizzare tra il 1552 e il 1580 il suo Bosco Sacro, che oggi è conosciuto come Parco dei Mostri. Si dice che le sculture siano nate per consolare il cuore del principe, infranto dalla morte dell’amata moglie Giulia Farnese e la leggenda narra che la principessa sia stata sepolta nel tempietto. Ma le certezze e l’illusione, a Bomarzo, si mescolano facilmente. Da quale arte derivano l’elefante da battaglia che ghermisce un soldato caduto o l’immensa tartaruga che porta sulla schiena una colonna che sostiene una statua? C’è chi ha avanzato ipotesi esotiche come i suggerimenti dei missionari gesuiti appena tornati dall’India, oppure le idee nate da schiavi turchi al lavoro in questi boschi. Donne imponenti o sdraiate, cani a tre teste che sorgono dalle foglie, fianco a fianco con leoni in lotta contro un drago feroce. Sembra che la sorpresa e la scoperta non abbiano mai fine, lungo un percorso che ognuno può costruire e che rende felici i bambini, liberi di giocare a nascondino tra gli innocenti mostri di roccia vulcanica. Un gioco, adesso come cinque secoli fa: questo è il Bosco Sacro del principe Orsini. Una spettacolare fantasia ispirata dai gusti del Cinquecento in declino, in cui immaginazione e travestimenti annunciavano la nascita del Barocco.

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