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Valle d'Aosta

Monte Bianco. Trekking e tecnologia

Itinerario

Monte Bianco. Trekking e tecnologia

in collaborazione con Touring Club Italiano

Nome più azzeccato non potrebbe essere: a bordo della Skyway, l’avveniristica funivia rotante che in una manciata di panoramici minuti porta al cospetto del tetto d’Europa, sembra davvero di essere lungo la strada del cielo. Una volta in cima, affacciarsi dalla terrazza sospesa nel vuoto di punta Helbronner è un’emozione a 3466 metri di altezza da cui dialogare a tu per tu con la vetta del Bianco e i Quattromila valdostani: vicinissimo è il Dente del Gigante, lo sperone di roccia che si dice abbia lasciato il gigante Gargantua, più lontani ma a portata d’occhio il Rosa, il Cervino e il Gran Paradiso. Tornati sulla terra, al bivio naturalistico tra la val Ferret, un idillio montano su cui si impongono i profili aguzzi delle Grandes Jorasses, e la selvaggia val Veny, attende Courmayeur, meta glamour e très-chic ma dall’impianto antico ancora genuinamente autentico.

In due tronconi e venti minuti l’“astronave” che sorvola le pareti di roccia della catena del Monte Bianco raggiunge la spettacolare terrazza panoramica di punta Helbronner (3466 m), da cui la vista spazia a 360 gradi sull’arco alpino occidentale e sulla Mer de Glace, la lingua di ghiaccio tra Italia e Francia che cola dalle pareti nord delle Grand Jorasses, quelle sfidate da Walter Bonatti. Le cabine di Skyway salgono ruotando lentamente su loro stesse per consentire di ammirare il panorama che via via si dispiega intorno, con la vetta del Bianco che fa capolino e il Dente del Gigante che impone la sua presenza rocciosa e leggendaria. La testa non gira mentre lo sguardo segue il movimento rotatorio di Skyway, ma può essere saggio fermarsi alla stazione intermedia del Pavillon (2173 m), per abituarsi all’altitudine, ammirare la struttura in acciaio, vetro e legno che si accomoda senza traumi sulla montagna, fare due passi tra le specie botaniche del giardino alpino, godersi un filmato sugli ambienti di quota e, perché no, degustare un calice di Blanc de Morgex et de La Salle, il vino prodotto nei più alti vigneti d’Europa. Giunti a punta Helbronner, non si sa se il fiato si faccia corto per l’altitudine o per l’incontro ravvicinato con le vette della catena. Ognuno si prende il proprio tempo in contemplazione estatica delle montagne poi, di nuovo, è l’ingegneria a catturare l’attenzione. A pochi metri dalla terrazza, basta schiacciare un bottone per ritrovarsi dentro un ascensore (sì, un ascensore) che penetra nelle viscere della roccia; qui, percorso un lungo tunnel-grotta, “si riemerge” al rifugio Torino, nido d’aquila costruito negli scorsi anni Cinquanta con tecnologie, inutile dirlo, d’avanguardia. Le sorprese non sono finite. Da cima a valle, il massiccio del Bianco è una meraviglia della natura. Ai suoi piedi si estendono la val Ferret, a est, e la val Veny, a ovest. La prima, punteggiata di frazioni che affacciano sulle rive cristalline della Dora, si allunga per 12 chilometri fino al confine svizzero; la seconda, dominata dalle gemelle e granitiche Pyramides Calcaires, mostra le sue origini glaciali nei laghi morenici del Miage e del Combal. Ai piedi del massiccio, alla confluenza delle due valli, attende la patinata Courmayeur, il cui storico abitato è tutelato da un’inaspettata chiesa valdese, dalla trecentesca torre Malluquin e dalla chiesa di S. Pantaleone, la cui piazza è un balcone sulla Dora e sul bel borgo di Dolonne.

 

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